Dr Denis Dulla

Fratture


Introduzione

Per frattura si intende la soluzione di continuità di un osso prodotta da una forza che supera i limiti di resistenza del tessuto. Dal punto di vista epidemiologico, le fratture, essendo un evento traumatico, possono presentarsi in tutte le categorie della popolazione generale, ma ve ne sono alcune tipiche:

traumi ad alta energia sono frequenti nei giovani di sesso maschile (tipica frattura da incidente stradale), mentre e fratture a bassa energia colpiscono maggiormente gli anziani e le donne (perché l’osso è più fragile per via dell’osteoporosi).

Perché le fratture?

Esse dipendono in genere da cause traumatiche con applicazione di energia, più o meno, intensa. Ma altri tipi di frattura si intendono “spontanee”, per es. negli anziani osteoporotici, dove classicamente

si determinano “schiacciamenti” dei corpi vertebrali. Le varie sollecitazioni cui viene sottoposto lo scheletro in condizioni fisiologiche e patologiche possono essere suddivise in sollecitazioni da pressione e da trazione; la parte mineralizzata dell’osso resiste soprattutto alla pressione mentre le fibre collagene resistono alla trazione. La frattura avviene quando l’intensità della sollecitazione supera la resistenza del segmento osseo interessato. Di solito tale sollecitazione è data da un carico che agisce in una unità di tempo brevissima (sollecitazione dinamica), più raramente da un carico il

cui valore aumenta in modo lento e uniforme (sollecitazione statica).

L’interruzione completa della continuità di un segmento scheletrico si accompagna il più delle volte da rottura del rivestimento delle ossa, il periostio, e conseguentemente allo spostamento dei frammenti ossei.

Ciò si verifica soprattutto per l’azione di tre fattori:

– persistenza dell’azione traumatica che non si esaurisce dopo aver causato la frattura;

– trazione esercitata dalle masse muscolari;

– azione della forza di gravità che agisce liberamente sul frammento dell’osso distalmente alla frattura, non più solidale con l’altra parte dell’osso per la perdita della “continuità meccanica.

In base al punto di applicazione della forza che provoca la frattura si distinguono fratture da trauma diretto e fratture da trauma indiretto.

Nelle fratture dirette il meccanismo di frattura è semplice: l’agente traumatizzante ha una energia tale da superare il limite di elasticità delle lamelle ossee che formano la superficie esterna del segmento osseo e le interrompe. Il piano di frattura però, nel suo ulteriore decorso varia in

base a una serie di fattori legati sia alle caratteristiche dell’agente traumatizzante che a quelle del segmento osseo interessato. Tali fattori sono spesso difficili da analizzare, in quanto nel momento in cui l’osso subisce il sovraccarico che ne interromperà la continuità, entrano in gioco altre forze che modificano valore e direzione della forza primitiva: l’improvvisa contrazione muscolare (in parte riflessa e in parte volontaria), l’atteggiamento assunto dalla parte traumatizzata, l’azione di un’altra forza esterna (es. urto contro un oggetto, caduta del soggetto dopo l’inizio di frattura).

Nelle fratture da trauma indiretto o indirette il meccanismo di produzione è più complesso, in quanto il carico applicato ad una parte dello scheletro dà origine ad una forza che si trasmette ad un’altra parte dello scheletro più o meno lontana, conservando un’energia sufficiente a determinarne la rottura. Il segmento scheletrico può subire i seguenti movimenti:

– flessione,

– torsione,

– compressione

– trazione;

Ma raramente queste forze agiscono singolarmente.

Classificazione delle fratture

Le fratture sono classificate secondo diversi criteri:

In base all’eziologia si distinguono:
• fratture traumatiche: avvengono in un osso con normale resistenza meccanica. Si manifestano quando il trauma è superiore alla resistenza meccanica dell’osso;
• fratture patologiche: avvengono in un osso con ridotta resistenza meccanica, per condizioni patologiche generali o locali, e sono causate da un trauma incapace di interrompere un osso normale. Esempio in concomitanza di patologie come l’Osteoporosi o oncologiche;
• fratture da durata (o da stress): tipica degli sportivi, viene causata da microtraumi reiterati in un osso con normale resistenza meccanica (si verificano lentamente).
In base all’energia traumatica distinguiamo:
• fratture ad alta energia (mutiframentarie);
• fratture a media energia (possono causare stiramento di un tendineo);
• fratture a bassa energia (tipica degli anziani, patologica).
In base alla sede vi sono:
• fratture epifisiarie: coinvolgono l’articolazione dove l’osso epifisario è avvolto da cartilagine la quale permette un perfetto movimento tra le ossa. In questo tipo di fratture la cartilagine si rompe ed è necessaria l’operazione chirurgica per la ricostruzione articolare. È una frattura di facile guarigione in quanto le epifisi sono altamente vascolarizzate.
• fratture metafisiarie: la metafisi è la parte ossea che fa da sostegno alle epifisi; è costituita da osso spugnoso molto vascolarizzato ma molle ed è sede dell’attività osteoclastica. Per questo motivo le fratture metafisarie sono più frequenti in soggetti anziani.
• fratture diafisiarie: se il soggetto è giovane è più facile sia netta e diretta, se il soggetto è anziano è più frequente essa sia indiretta e a spirale.
In base all’orientamento della rima di frattura, la frattura può essere: trasversale, obliqua, a spirale, comminuta, longitudinale.
In base allo spostamento dei monconi una frattura può essere: laterale, angolare, longitudinale, rotatoria.
• in base all’integrità della cute si hanno:
• fratture chiuse: dove la pelle è intatta e non si riscontrano monconi ossei sporgenti (l’osso non comunica con l’esterno);
• fratture esposte: dove l’osso comunica con l’esterno. Esse comportano un rischio di infezione elevato e richiedono un trattamento antibiotico oltre a quello medico-chirurgico.
Un’ulteriore classificazione riguarda il posizionamento dei due monconi nella frattura semplice rispetto all’asse: una frattura composta presenta i due monconi allineati, a differenza di quanto avviene nel caso di una frattura scomposta. Nel primo caso, la difficoltà del trattamento da parte del medico ortopedico è senz’altro minore, mentre nel secondo è necessaria una manipolazione per la riduzione della frattura o, in certi casi,è necessario l’intervento chirurgico.

Clinica

La frattura causa in maniera variabile i seguenti segni e sintomi a seconda del distretto de della complessità della frattura.
1. Dolore spontaneo
2. Impotenza funzionale del distretto interessato
3. Tumefazioni
4. Deformità
5. Ecchimosi
Alla mobilizzazione che deve essere svolta con estrema cautela, si possono apprezzare segni:
• Crepitazioni
• Mobilità preternaturale

Complicanze precoci

Sono complicanze che intercorrono dal momento del trauma fino a 3-4 giorni dopo.
  • Shock: a causa dell’emorragia spesso imponente nelle fratture del Bacino e Femore.
  • Lesioni organi adiacenti: Vascolari-Nervosi-Viscerali
  • Esposizione della frattura e infezioni associate.
  • Embolia adiposa: rara, spesso associata a fratture multiple.
  • Tromboembolia.

 

Diagnosi

Si parte da un sospetto clinico ma la certezza tramite esami diagnostici. I test diagnostici per le fratture possono includere:
   • RX in almeno due proiezioni ( antero-posteriore e latero-laterale )
   • Tomografia assiale computerizzata (TC)
   • Risonanza magnetica (MRI): Alcune fratture (come le fratture da stress) non appaiono su una RX fino a poche settimane dopo che l’osso        inizia a far male. In questi casi la RMN puo rilevare la frattura prima che peggiorano.

Trattamento

Il trattamento dipende dal tipo di frattura, dalla sua gravità, e dal età del paziente.
Per il trattamento delle fratture ossee si può fare:
    1- immobilizzare, steccare o gessare la parte fratturata così da permettere la calcificazione della frattura;
   2- ridurre la frattura nel caso quest’ultima risulti scomposta, controllare la riduzione di frattura sotto Rx, immobilizzare, steccare o gessare se la riduzione di frattura rientra nei parametri di normalità;
   3- nel caso in cui la frattura risulti scomposta o fratturata in più punti allora si procederà a ridurla chirurgicamente con i mezzi di sintesi;
  4- in quelle fratture che coinvolgono ossa lunghe e di carico come, ad esempio, femori o tibie, allora si procede con l’inserimento (sempre  in una fase chirurgica) di ferri di riduzioni della frattura lungo tutta la lunghezza dell’osso, detti anche “chiodo endomidollare”;
   5- poi ci sono situazioni particolari dove le coincidenze fanno sì che si prediliga un tipo di intervento piuttosto che un altro. Nelle fratture prossimali del femore dove la frattura è sul collo dell’osso o nelle fratture di omero dove la rottura è sempre sul collo dell’osso, allora si procederà a valutare anche in base all’età del paziente ed al tipo di frattura se sia il caso di fare una sostituzione  dell’articolazione con una protesi chirurgica.

Trattamento nei bambini

Nei bambini le fratture sono spesso trattate in modo diverso rispetto a quelle degli adulti, perché le ossa dei bambini sono più piccole, più flessibili, meno fragili e ancora in crescita. Le fratture dei bambini guariscono molto più in fretta e in modo più definitivo rispetto a quelle degli adulti. Diversi anni dopo la maggior parte delle fratture dei bambini, l’osso può apparire pressoché normale alle radiografie.
Per i bambini, i medici preferiscono spesso il trattamento con un gesso piuttosto che l’intervento chirurgico perché
   • Rispetto agli adulti, i bambini presentano meno rigidità dopo aver portato un gesso.
   • È più probabile che siano in grado di muoversi normalmente dopo l’ingessatura.
   • Un intervento chirurgico vicino a un’articolazione può danneggiare la parte dell’osso che permette ai bambini di crescere (cartilagine di accrescimento).

Fasi di guarigione

La guarigione evolve di norma attraverso 3 stadi:
    • Fase di Formazione e Organizzazione dell’Ematoma: le estremità sono immerse nell’ematoma dall’interruzione dei vasi midollari nonché di quelli propri del periostio. A questo fa seguito la formazione dell’ematoma e la colonizzazione connettivale del coagulo.
    • Fase di Formazione del Callo: le cellule osteoblastiche proliferano e cominciano a produrre sostanza proteica nella quale restano inclusi trasformandosi in osteociti (Callo Fibroso). La sostanza proteica si dispone a Lamelle mentre i Sali di calcio si depositano informa cristallina formando il “Callo Osseo”

    • Fase di strutturazione del Callo: le singole Lamelle si fondano in Travate che circondano i frammenti della frattura formando il “Callo Provvisorio” che poi sarà modellato in quello definitivo grazie alle sollecitazioni del carico o delle masse muscolari.